Sunday, November 7, 2004

Un canto

Quando avevo tredicianni sono tornata in Cecoslovacchia.
La prima volta era stato poco dopo il crollo del muro. Svuotata dal regime, tra tedeschi dell'est in vacanza sulle loro Trabant diroccate.
A Praga non si trovava da mangiare e per strada vedevi passare continui convogli di TIR circondati da sciami di vespe, come in una retrospettiva anni quaranta.
La seconda era diverso. Ho trovato Praga corrotta per turisti e gite scolastiche.

Fermi alla dogana.
Su una passat bianca che mi nauseava. Finestrini chiusi e coda sul ciglio di un campo di frumento.
Silenzio.
Il vento scuoteva quel grano giallo d'agosto. Lo pettinava a strisce alterne in mezzo al cielo sommesso, nubi panna indaco e grigio. Lilla come i fiordalisi che si spezzavano a grappoli contro quel muro di steli.
Dentro all'auto, muta, pensavo al vento. Al suono che fa quando lieve si posa sul grano.
Immersa in quel cielo lo stavo a sentire.
Sorda.

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