Tuesday, April 29, 2008

Breakfast at Tiffany's - ovvero un sogno romantico del cazzo

Ci fu un tempo in cui qualcuno mi disse belle parole.

Oggi guardo specchi vuoti.
Facce con cui mi sono svegliata a lungo sorridono di denti falsi. Ascolto voci canterine abbaiare al telefono. Mi stupisco nell'enormità dei miei occhiali da sole.

Poi mi si domanda come mai mi sia seppellita in questa provincia di Hibiscus ingialliti a nutrirmi di spazzolini da denti e lenticchie.

Per quattro lunghi mesi ho pazientato, come si conviene a chi vuole una via da trovare. Ho preso appunti su garza sterile, raccolto foglie secche, letto le istruzioni su tutti i flaconcini dello shampoo, ho dipinto muri di colori vivaci per non dare nell'occhio, ho addirittura fatto finta di niente.

Ora cosa? Cosa c'è ancora? Scusa se non posso buttarmi via con le bustine del te.
Scusa se non colleziono più francobolli per scacciare l'angoscia del disordine. Scusa se mi hai rotto le palle.

Insomma c'è un abbastanza per tutto. Un ça suffit per tutte le occasioni. Un mavaffanculo anche per i migliori offerenti.

Così ho preso un gatto e l'ho chiamato come mio nonno morto.
Almeno mi fa compagnia e non mi deve dei soldi.

Così ho piegato con cura l'ultimo paio di calzini e ci ho piantato dentro il basilico, quello che tua mamma voleva per sè.

Però è triste svegliarsi al mattino con il sole negli occhi e pensare che tutto questo aspettare e collezionare quadrifogli nei libri non è servito proprio a niente, che deambuli offeso come una Bovary qualsiasi a far sceneggiate al cielo come un cubetto di sterco.

Tuttavia ti perdono, perchè io sì che sono molto, ma molto migliore di te.

Fate buon viaggio voi esaltatori di sapidità, succellatori di caramelle al rabarbaro, antiruggine ed antigelo, voi passati amori e passati di verdura, che la strada vi accompagni.

Il più possibile lontano da me.