Wednesday, June 29, 2005

A good reason to resist ovvero "politicamente scorretti oi oi oi!"

Sabato 2 luglio
h. 15,00
Stazione Torino Porta Susa

CORTEO ANTIFASCISTA contro:

gli accoltellamenti fascisti al Barrocchio
l'aggressione sbirresca del corteo antifascista del 18/6
i mandanti del potere
la canea mediatica
la montatura giudiziaria
Gesù Cristo morto in croce
Le mamme di tutti i fidanzati
I negozianti maleducati
Le scarpe Pvada - bvutte ma costose
I brufoli del sabato sera
Quelli come me che si prendono sul serio solo a metà
PER LA LIBERAZIONE IMMEDIATA DI SILVIO E MASSIMILIANO
LIBERI TUTTI (questo pedavero)

Cerco qualcuno che voglia venire a prendere eventuali botte con me.

Sottoscrizioni qui sotto

Monday, June 27, 2005

Survival is for cowards

Dal mio rientro a Torino non ho un pensiero felice.
A dire la verità non ho proprio un pensiero.

Ho scoperto che il sole non serve se porti sempre lenti cieche.
Nemmeno dormire 12 ore serve se quando ti svegli stai ancora morendo.
Invece morire troppe volte in un giorno serve solo a morire più in fretta.

Sopravvivere è una cosa per i pusillanimi, i codardi e per le piante grasse.

Buona notte al secchio.

Monday, June 20, 2005

And I don’t even care how she died...But I like it better if she smells of formaldehyde!

Ho vinto un bastimento carico di pensieri malconci.
Mi hanno detto che me lo recapiteranno a casa in maniera assolutamente gratuita.

I sandali non hanno mai fatto per me e quanto rimpiango quel confortevole paio di Marten's 14 buchi, così caldo ma così poco sudato.
Le piante dei miei piedi stanno implorando pietà da quando nella pausa pranzo ho camminato per 4 chilometri. Nel tragitto ho valutato l'ipotesi di scrivere un dotto trattato sulla stracciatella.
Ho anche incontrato un tipo con la maglietta degli Zetazeroalfa. Devo aver provato a guardarlo male, ma tra occhiali da sole e sandali e mollette a forma di orso rosso con cui tengo le basette sporche appiccicate alla testa non deve essersi reso conto dell'aria pericolosamente cagnesca che cercavo di impartire al mio musetto pallido.

Nel complesso faccio abbastanza schifo.
Si ma a questo sono abituata.
Quindi in sostanza niente di nuovo.

Ieri sera sono stata seduta un po' davanti a palazzo nuovo con una mia giovine amica.
Ho scambiato zuccherosi messaggini con la mia *Stella*.
Lei trova i tramonti commoventi.
Io li trovo sonnolenti.

Ho fumato centoventi Malboro®.
Cerco di accelerare un processo irreversibile.
Nei libri di scuola la chiamano morte.
Nella bibbia rendere l'anima a Dio®.
Nei testi di anatomia patologica decesso.
Io preferisco usare il verbo crepare.

Vedi:
Schioppare. Spirare. Soccombere. Andare al Creatore. Perire. Schiattare. Defungere. Estinguersi. Finire. Terminare.

Crepare.

Al suono di questa parola così tonda e meravigliosamente secca penso sempre a una crepa che zac zac zac mi parte da in mezzo alla fronte e mi divide in due metà che rovinano a terra frantumandosi come terraglia scadente.

É proprio così che giubilante mi incrino.

Sappiate che sono di ottimo umore.
É bene che lo sappiate perchè non voglio che prendiate troppo sul serio le mie velleità mortifere.
Si tratta di aspirazioni inattuabili.
Ho troppo timore delle ripercussioni paradisiache/purganti e/o infernali.
Di spiedi da rosticcere piantati nel culo ne ho in sovrabbondanza in questa vita senza dovermi preoccupare di divellerne altri nell'aldilà.

Sto ascoltando un gaio disco dei Casket lottery.
Ho comprato un libro un po' anarchico, un po' insurrezionalista e un po' stronzo.

Questo pomeriggio lo trascorrerò nullafacente e lieta grattandomi distratta la nuca oppure rosicchiandomi pellicine.
Poi a casa mi farò un pediluvio e familiarizzerò con qualche bacherozzo cittadino chè di recente ho scoperto affinità tra loro e me.
Ci accomunano le zampe molteplici. Gli angoli bui. L'aria lucida/traslucida. La sconveniente abitudine di nutrirsi suggendo il peggio degli altri.

Sabato sera ho accompagnato due bacherozzi a casa in vespa. Meschini, con quelle sei secche zampette avrebbero impiegato un'eternità a raggiungere la loro umida intercapedine.
Non sapete quanto mi è dispiaciuto sta mattina trovarne uno a pancia all'aria proprio a pochi centrimetri dalla ruota anteriore di Gelinda.
Con delicatezza ho circumnavigato la salma sperando che almeno le formiche, leggendarie affossatrici, venissero a svuotarne il carapace.

Pensavo.
Ho infiniti criteri comunicativi.
Illimitate possibilità di dedicarmi a onanismi intellettuali con le tare genetiche altrui.
Non che questo faccia di me un'essere migliore.

Per esempio trovo entusiasmante indovinare le falle nei bastioni degli altri.
Muri cedevoli, piglie mal fatte, olii troppo tiepidi, frecce spuntate.
É elettrizzante come le loro tare siano le stesse identiche mie, solo di poco difformi.

Le sofferenze sono tutte uguali, da qualunque versante le guardi.
Una collinetta di merda con in cima una bandiera di resa.
Magari fatta con un vecchio paio di mutande sbrindellate.

Ieri notte ho parlato con Davide e si sentivano le rane.
L'ultima volta che ci siamo visti eravamo in una pineta e c'erano un mucchio di civette.
Una mi è anche venuta vicino.
Questa bucolica armonia con la natura nei nostri incontri è persino toccante.
Mi aiuta a sviare i commenti imbarazzanti che fa.

Tu cambi argomento.

Lo so.

Perchè?

Odio le cose preordinate.

E poi?
E poi ho metastasi di cervello anche lì.

A questo punto farò altro.
Andrò in bagno a fare pipì. Leggerò il giornale per la terza volta. Farò finta di lavorare. Imparerò come si stila un 730. Mi scaccolerò e attaccherò palle di muco alla schiena del signor Simpatichino di Sto Cazzo che oggi indossa le mie scarpe preferite. Farò finta che le avventure amorose degli altri in qualche modo mi interessino. Mi lambiccherò sul perchè e sul percome di tutto. Andrò a comprarmi un cellulare nuovo solo perchè costa poco.

Qualcosa del genere.

E poi tranquilli,
che per crepare c'è sempre tempo.

Saturday, June 18, 2005

Olio esausto

Ho la mente in affanno.
Forse ho esagerato. Vi ho chiesto troppo.
Sono stata spinosa.
Non capisco proprio in che tasca ho nascosto il traduttore. Nemmeno voi ci arrivate.
Allora chiedo scusa e ritorno nel mio buco.
Vi voglio bene e un po' vi invidio, per il piacere del silenzio che io trasformo in nervosismo.
Magari oggi sarò io a scappare a gambe levate.
Dai miei pensieri che si affollano e mi intasano e da sentimenti che non so più controllare.

Così sia.

Come un cane randagio sotto una pioggia di sputi.
Domani chissà.

Friday, June 17, 2005

Forbici che tagliano nasi*

In piazza Bodoni su una panchina a guardare una statua coperta da un telo.
Le cose che hai scritto.
Me le tengo per pranzo, mi sono detta.
Graffettate per bene.
Pulite.
Solo fronte.
E una stilo nera per disegnare sui bordi.
Ma non ho disegnato.
Ho finito il gelato.
Il gelato era alla stracciatella.
Io trovo rifugio nelle cose.
Come scoprire un pezzo di cioccolato più grosso degli altri.
Come il fondo del cono un po' sciolto.
O le panchine da cui si stacca lo smalto.
Mi inteneriscono.
Le pagine orizzontali.
Io le preferisco verticali.
Longilinee.
Scommetto che anche tu.

Ci ho messo venti minuti.
A leggere tutto.
Senza contare che due ciampornie alla mia destra tentavano di distrarmi con un inutile chiacchiericcio.
Poi tornando al lavoro avevo la testa piena.
Ed ero triste triste triste.
Con un fiume di cose che avrei voluto registrare e che mi scivolavano dalle mani.
Qualche volta l'ho fatto.
Registrarmi per coprire grandi distanze.
La bocca è troppo lenta.
Non funziona mai come dovrebbe.

Pensavo cose buffe.
Tipo come sarebbe alzarsi una mattina e scoprire che la Vespa ha cambiato colore durante la notte.
Che l'erba fa male all'amore, ma anche l'assenza di erba non aiuta.
Te lo dice un'esperta.
Alle bolle di sapone che regolarmente mi scoppiano in faccia.
Che hanno l'odore acre del detersivo per i piatti.

Poi ad amare la gente.
Che forse è il caso che la smetta.
Che "a volte ritornano" ma sempre quando non te ne frega più un cazzo.
Che forse non mi so spiegare.
Che ho metastasi di cervello dappertutto.
Nel cuore, nel fegato e nei bronchi.

Allora mi è venuta in mente una bambina alla finestra che guarda fuori.
E fuori piove.
E la volevo disegnare.
Volevo aggiungere una vignetta dove lei guarda il cielo come se fosse un soffitto.
Una vignetta dove c'era vento.
Ma io non so come disegnare il vento.

Oggi c'è il sole e fa caldo.

Vita di legno.
La mia la limo con la mia pelle di cartavetro.
Il ripieno lo faccio con pece e chiodi.
Per quanto mi impegni non riesco mai ad essere arida come vorrei.

Forse per questo sulla via del ritorno le mie basette divergenti si gonfiavano e si afflosciavano.
Su e giù.
Su e giù.
Su e giù.

Ho sentito i Casket Lottery per non dimenticarmi dei pensieri.
Adesso te li scrivo.
Come giusto ed equo scambio.

Legno avrà una copertina di cartone.
Lo vorrei chiudere con dei bulloni. O delle viti lunghe e taglienti.
E poi giusto per gli amici fare un supporto sonoro.
Anche rutti e scorregge o lo sferragliare del tram.

Una cosa ancora.
E spero tu risponda.
Quando hai scritto queste cose?

Tanti popcorn per te e per Pringle.


*Ho incollato qui questa mail perchè sono molto io, trovo.

Monday, June 13, 2005

L'ermeneutica dei testi che mi scrivo(no) sulle mani: X

Ovvero Ferrara Trema e io spacco tutto!

Venerdì, dopo un'inutile giornata lavorativa che seguiva un'inutile nottata protosessuale, mi sono imbarcata su un torrido treno alla volta di Forlì, dove sono giunta intontita come un crotalo tonto e smaniosa di espletare le mie funzioni fisiologiche.
Qui potrei agganciarmi con una filippica su come i treni italiani siano disgustosamente infestati dalla sporcizia, da rumorose puttane nere e da ubriaconi che sboccano nei cessi, ma non lo farò. Non perchè io sia animata da spirito cattolico conciliante, perchè se avete mai preso anche solo un Torino Milano avete ben chiaro di cosa sto parlando.
A non aspettarmi alla stazione di Forlì (è arrivato un quarto d'ora dopo con aria vagamente colpevole) Marco, il mio amico "orsoso". Egli milita nei Raein, gruppo emoviolence forlivese che la sottoscritta apprezza parecchio, in veste di chitarrista/compositore/facchino. Al tavolo della sua cucina abbiamo discusso di come i celebri biscotti "Digestive" per quanto Vegan possano fare schifo, fumato una paglia - il che fa di noi due ragazzi davvero poco straight edge, infine ci siamo svaccati per un breve sonno ristoratore.

Sabato mattina assai poco ristorati siamo partiti alla volta della sala prove di Cebio (La Quiete). La suddetta sala prove è ubicata al primo piano di un fienile dall'aria quantomeno abusiva, ma molto bucolica. Vista su alberi di ciliegio e vasca d'acqua piovana con annessi pesci rossi. Immagino sia probabile che ai piedi dei ciliegi qualche lisca ormai corrosa dal sole possa testimoniare dei bei tempi dell'annaffiatura...
I suddetto fienile è anche un deposito di rumenta. Si possono scorgere chilometri di fili, neon dismessi, vecchie scenografie in cartone, biciclette in buono e in cattivo stato. Cose da vita di campagna che noi cittadini da monolocale non possiamo comprendere.
Alessio è in ritardo. Nell'attesa i ragazzi compongono settemila spillette - alla fine mi guadagno un posto in prima fila e mi godo un'intera preview del concerto. Volete mettere? Acustica pefffetta only for intimates.
Assisto i gggiovani mentre fanno calare una cassa da 100 chili giù per una spaventosa e rugginosa scaletta che dà l'idea di potersi piegare come stagnola da un momento all'altro. Le macchine vengono caricate e si va alla ricerca di una pizza con cui riempire le affamate panze.

La pizza fa davvero cagare, ma a Forlì il sabato a pranzo questo è l'unico posto aperto. Pregevole vezzo della pizzeria è un video gioco "jumbosafari" dove lo scopo è ammazzare quanti più animali puoi a colpi di fucilazza. Educate i bambini ad ammazzare le bestie con quanta più ferocia possibile. Paga sempre...
Con peperoni e melanzane turisti dei nostri stomaci partiamo alla volta di Ferrara in un onestissimo ritardo. La strada fa cagare. Majirelle ci aspetta all'imbocco della statale. Poi via sotto il sole per questi 80 calorosi chilometri.


Viva Ferrara coi suoi platani e i suoi pioppi!
Tempo trenta secondi e ho già l'allergia, ma chissene frega, noi siamo penx, mica femminucce!
Il Daz è un posto relativamente figo, grosso spazio davanti, vicino a un parco, bagni accessibili. Smontiamo. I Tragedy of a better tomorrow sono già pronti. Finalmente incontro Luca (il cantante/chitarrista), indossa un'avvenentissima maglietta dell'arciragazzi che persino io mi vergognerei a mettere.
Suonano quasi subito. Perchè siamo penx noi, mica delle rock stars e se il concerto comincia alle tre e mezza allora alle quattro si suona.

L'affluenza è ancora scarsa.
I Tragedy fanno del loro meglio per tappare le falle sistemiche dell'impianto, ma lo stanzone rimbomba e rintrona.
Al turno dei Raein qualcuno in più è arrivato. Loro sudano e picchiano duro nell'assolata pianura.
Io bisso e me la rido.

Questa condizione festosa mi è nuova. Sono abituata alle gelide atmosfere torinesi della serie scusi madamin. Talmente abituata che ai concerti non ci vado più...
Mentre si attendono i Comrades e suona Majirelle fraternizzo con i fanciulli all'ingresso, Nicola - l'organizzatore - ha una faringite che presto lo costringerà ad mutismo da crotalo a cui hanno tagliato la lingua. Sulla cassa - una scatola per floppy - c'è un biglietto scritto "niente Hot Gossip" e non si capisce se faccia riferimento al gruppo o all'espressa volontà di non diffondere i cazzi altrui...

I Comrades hanno un bel tiro, il batterista (migliorato) incredibile a dirsi suona scalzo. Purtroppo (!) per loro le mie orecchie ingentilite da Prokofiev non reggono il grind per più di cinque minuti. Esco fuori e Marco mi introduce Pilipella, il batterista dei FBYC.
Pilipella sembra il mio fratello mod. Ha delle graziose basette e la frangiona. Discorriamo per un tempo quasi interminabile di Torino, delle sue storiche simpatie locali e di grafica.

Più tardi vengo introdotta anche ad altri elementi del gruppo. Marchetti (basso) biascica una pasta alla nutella e si scusa per avere la bocca così indecentemente piena, poi mi offre un pezzo di croissant masticato. Iacopo (voce) fa il suo ingresso informandosi sulle condizioni dei bagni e delle salviette umidificate da culo per via - e cito testualmente - di "una cagata lunga come un treno".

Comincia la distribuzione della pizza e della pasta (che io manco in pieno). Iacopo e Marco assistono ai postumi di una mia telefonata a uno degli uomini più sfigati del mondo. Anche qui cito testualmente:
M- Che è successo?
N- Niente, sono circondata da uomini idioti. Una persona che non conta un cazzo si è appena fatta una parte a culo.
I- Roba di scopate?
N- Ma guarda, nemmeno.
I- Ma se non conta niente che ti incazzi a fare?
N- Infatti tra dieci minuti mi passa.
Cfr. "Sai che c'è?"

La conversazione procede vivace. Dopo una partita alcolica a calcetto si parte in missione caffè. Io (unico elemento femminile), Iacopo, Rella, Marino e un 66% dei Dummo ci avventuriamo per Ferrara alla ricerca di quella dose di caffeina di cui nessuno in Italia sa fare a meno. Naufraghiamo infine dopo mille leghe percorse da Mario, allegro barista che mi fa pagare 90 centesimi un caffè (90 centesimi??? e che ha di speciale per costare 10 centesimi in più che nel resto d'Italia??). Impagabile però la pipì che stacco nel lindo bagno del locale.
Usciamo tutti di lì con l'idea che Mario ce l'abbia buttata bene bene nel ciocco.
Mentre percorriamo a ritroso quelle mille miglia marittime Iacopo ha la pensata di disegnarmi una X gigantesca sulla mano col pennarello nero. "Io non sono straight edge" gli dico stabaccando una paglia, ma lui è già lanciato nel progetto di una fanza che vuol chiamare "legno"e forse nemmeno mi sente.

Mentre suonano i Summer League l'allegra combriccola fa una scoperta epocale. In mezzo al parco c'è uno skilift per bambini. Scatta il lancio folle dell'ubriaco. In piedi, seduto, andata e ritorno. Anche io sono costretta a dare prova di essere un "vero uomo" e salto nel vento, colla lacrimona all'occhio e le gambine ben tese.

Quando arriviamo i Lady tornado stanno dando aria alle corde. Io che speravo di evitarmi Violetta Bauregarde vengo tristemente disillusa.
Per amor di pace e di viver civile non mi dilungherò in inutili commenti sulla qualità del prodotto da costei confezionato. Mi limiterò a dire che per parcondicio ho assistito a dieci minuti di performance e sono uscita in cortile a godermi un po' di quella superba techno da soundsystem technorevelladelcazzo. La scelta è stata premiata con dieci tra i più divertenti minuti dell'intera giornata, che hanno visto Andrea (Raein), Silvia, la sottoscritta e Bumba simulare balli da tamarri e stigmatizzare che "le mani sopra la testa sono decisamente OUT".
Marco sostiene che "ballavamo come degli scemi", ma continuo a trovarlo assai IN.

I Kafka spaccano il culo.
Credetemi!
Era da un po' che volevo rivederli, soprattutto dopo gli entusiastici report di Stellina. Difatti la performance paga. Peccato per il pazzo californiano che piglia a calci l'aria, piroetta e mulinella cazzotti. Silvia ed io sembriamo il ritratto di due sardine impaurite attacchinate al muro. La ragazza a fianco a me mi stacca diritta in faccia un'alitata al profumo di vomito fresco che a momenti mi sdraia, lasciandomi in balia delle violenze hc del pazzo.

Infine si è fatto tardi e fa parecchio freschetto. Si caricano le macchine, saluto i Fine dispiaciuta all'idea di non vederli suonare. Invece, surprise surprise, ci fermiamo ancora per vederli suonare qualche pezzo.

Ragazzi miei i Fine Before You Came sono una SASSATA tremenda! Io che ero abituata a sentirli un po' lagnosetti in CD sono rimasta folgorata dalla puteeeenza e dall'intensità con cui hanno suonato.
Senza parole giuro.

Alle tre del mattino, strappata al concerto e bollita, sono salita in macchina con Marco e ho guidato fino a Forlì con una cassa gigantesca sul sedile posteriore.

Per concludere questo infinito post che ho impiegato tre giorni a scrivere (devo anche fare finta di lavorare ogni tanto) un interminabile grazie a Marco per tutto, dai suoi pat pat orsosi ai suoi commenti sulla mia guida notturna "spaurita". Scusate ripetizioni, obsolescenze linguistiche, imprecisioni, dimenticanze. Che ci volete fare, se sono un'ostrica e non un magnetofono...

Che gran weekend!

(15 giugno h.12:48)

Sunday, June 12, 2005

Sai che c'è?

Impiccati.

Friday, June 10, 2005

Scusi, ma lei cosa ci fa nudo nel mio letto?

E non mi domandi cosa ci faccio io con la mia camicia da notte con le pecore, perchè, lo dice la parola stessa, il letto è il mio e per definizione io ci dormo.

Ma poi resti pure, tanto occupa poco spazio e tra gatti e orsi di pezza che fastidio vuole che mi dia il suo corpicino...
Mi dica, gradisce un bicchiere d'acqua? Una coca light? Un po' di polpette appena fritte?
Vuole fumarsi uno spinello sul terrazzo? Addormentarsi sul divano davanti alla tv? Spalmarsi trasversale sul copriletto rosa?

E io posso grattarmi gli occhi col suo naso e disegnare la sua testa sezionata come un kiwi, verde coi semini?

Oggi è oggi. Domenica è lontana.
Tra felini, si capisce, non c'è bisogno di giustificazioni.

Purr
purr
purr
purr
purr

Tuesday, June 7, 2005

"Cara, ti ho sposata per il tuo intelletto, non certo per il tuo buon carattere"

Che bella persona sei.

Dai, dimmelo!

Ditemelo in molti, messi in fila.

Adoratemi, adulatemi,
dite che anche voi, sì, vorreste essere come me.

Più maschio dei maschi, intensa e sofferente, piena di argute battute ed emozionanti nozioni.

Dite che vorreste per voi lucidità ed acume, candore e marciume da proteggere e cullare in grembo.

Ditemi che avete fame di me. Che sono bella ed intoccabile.

Ditemi che sono una persona cattiva e che ciononostante mi amate perchè sono un canone elevato da raggiungere.

Che sono una dea bella e terribile, che se un mio solo pensiero vi sfiora brividi blu vi salgon su per la schiena.

Ditemelo.
Perchè ci voglio credere e non pensare che nel pronunciare il mio nome state già scappando per la paura.

Sunday, June 5, 2005

Quattordici cazzi flosci su un muro

La ragazza ha gli occhi tristi. Puzza di paura, lo si vede da lontano un miglio. Sorride troppo e la S le esce ovattata dalla bocca. Alle sei ha ancora voglia di parlare, ma lo fa con fatica. Per ogni lettera un po' di veleno. Per ogni sorriso una fitta sottile. É seduta vicina a un ragazzo smilzo. Lui ha una camicia bianca con un pezzo di scotch di carta sul taschino e degli occhiali troppo grossi.

Di Tante albe che ho visto questa è una tra le Tante.

Se mi dici "Scusa, posso baciarti?" allora sorrido.
Perchè da un niente che non è niente può nascere solo un niente che non è niente.

Quei quattordici cazzi flosci che hai dipinto sul muro mi hanno colpita.
Allora ti dico si, baciami pure, perchè siamo persone sole.
E si vede.

Di Tante albe che ho viste questa la festeggio.
E se sarà un'alba di cartone passerà.

La ragazza ha il trucco sfatto, mangia un cornetto e beve un cappuccino con il casco che le pende solo dalla mano destra.
Ormai fuori il sole è alto.

Saturday, June 4, 2005

Come le maglie del calcetto

Giovedì notte una cricca di fasci romani ha fatto irruzione nel centro sociale del Forte Prenestino a Centocelle accoltellando alla gola un occupante.
Fortunatamente non è morto.

Questa guerra non ha vincitori nè trofei. Solo vittime.