Monday, October 18, 2004

Un cilicio

il 27 novembre 2001 scrivevo

Mi basta forse sapere che è passato tanto tempo, eppure temo il transitare nei tuoi pressi, costante.
Lui si professa stronzo cercando di carpire carne umana. Per mangiarla, una buona volta. Sorride con malizia come un gatto, forse seriamente. Per vedermi arrossire o alzare la voce. Amorevoli animali e sguardi che mi abbattono. Mi spaventa e mi imbarazza, come fosse la prima volta mentre fantasmi davanti al suo disagio evaporano nel retroscena.
Impropriamente mi sfascio.
Simpatica dedica sul diario di uno sconosciuto. Ad ogni nuova occasione di sofferenza offerta esordisco più vulnerabile e tremula.
[...]
Gioca come te con la mia bocca e i miei sorrisi, violenta quell'istanza di tepore promessami dal tempo e la pelle che tocca arde piano, lambisce le fiamme del cuore.
Come se fosssi tornato indietro su un paio di gambe nuove.
E Io, che vanto l'aver lasciato il tuo nome alle spalle crollo.
Chi mi crederà ancora?
Tra gli spiriti effimeri che tornano manchi solo tu, l'unico che vorrei veder tornare. Chiedono scusa, inneggiano alla mia santità, anormale e feroce. Insetti avidi di miele, ma non sono ambrosia per chi vorrei.
Stai. Lontano. Da. Me.
Solo questo vorrei, per non dover fissare gli occhi nei tuoi ancora una volta.
[...]
... tu parlavi dei miei occhi che parlano meglio del resto. Vuotamente vuoti.
Non c'è gioventù che tenga, nè sole che sorga abbastanza alto, scaduta senza rimedio nel vestito che mi sta così bene.
Crederti ancora una volta vivo.
[...]
Fanculo l'amore. Al mio tradimento e alla perdita totale del mio non-senso. Mi manca il mondo che noi eravamo e quanto odio la scritta fine di questa storia. Finisce il capitolo e io trascino le spore al limitare di quel che resta.
Il comando a distanza è attivato.
Luride testine.
Registro un passato distorto.
Dissimile.
Uguale.
Ma tanto chi mi crede oramai.




* Mastodonti *

Su quel ciottolato gli ho stretto forte la mano e ti ho visto. Poi ho visto me rimbalzare da sotto il cappello. Il cuore fermarsi dentro quella tragedia preannunciata che aveva tardato per anni. Pungente l'attrito di lacrime asciutte e il battere alterno di tempie e ossa, nuovamente tu.
Hai mai pensato al ripetersi ciclico di eventi preordinati? Niente a che vedere con nascita crescita matrimonio. A distanza di anni, troppi, eccomi qui esattamente uguale. Ferma sul ciglio di una strada a ripetermi: no non è possibile. La stessa faccia che hai fatto tu in fondo a quel corridoio d'ospedale a Hoczirl, quando mi hai vista spuntare da dietro una porta, pensandomi ancora a Londra.
Mille visioni passate si riassumono in uno sfondo di cui ricordo più che altro un sacchetto giallo-verde di Marvin. Anche in Polonia mi sei apparso, non eri tu ed è stato più facile piangere. Nell'averti davanti davvero ho sbriciolato il contorno.
Ingiusta me ne rendo conto. Faccio paura perchè ho paura di te.
Una questione di mastodonti. Puoi crederli trasparenti eppure sono fermi lì. Macigni traslucidi. Ognuno ne ha uno. Io ho te. Lui forse che mi ha vista così, che mi ha vista contenermi per poi sfaldarmi poco dopo, ne ha uno suo. Più piccolo, meno ingombrante, con diverso peso specifico. Io credo ce ne sia uno a testa. Questo mi fa pensare se questi mastodonti si lasceranno scavalcare un giorno. Se verranno cancellati e sostituiti da macigni più grossi. Se quel peso altrui sia in qualche modo sbriciolabile.
Dovrei abbatterla questa famiglia di Mammuth. Questi pelosi blocchi in marmo gelato che stazionano nella stalla del mio passato sbuffando e riversando tonnellate di letame sul mio pavimento che si fa vieppiù sdrucciolevole per chi transita.
Ti chiedo scusa, per averti tolto il saluto ormai da anni. Per aver avuto l'occasione di dirti ancora una volta ciao e per essere solo riuscita a pensare "mi avrà mai amato davvero" nel vederti.
Gli chiedo scusa, per avergli dipinto un quadro che mette addosso troppa angoscia e che preferirei vedere sbiadire coperto di polvere e muffa nella cantina più umida. Gli chiedo scusa anche per aver detto troppo di qualcosa che, è evidente, lui non vuole sapere.
Mi chiedo scusa infine per questa paludanza. Immobile in fredde acque stagnanti aspetto una miracolata bonifica.

Tutto questo solo per dire che l'amore tende all'infinito.

1 comment:

Anonymous said...

un cilicio a me. e l'amore qui tende all'esasperato. buonanotte stellassa *no*